Il settore alimentare vede nemici tra loro i produttori, i trasformatori, i distributori ed i commerciantiUna filiera che vale più dell’intero PIL di Norvegia e Danimarca messe insieme: 538 miliardi di euro con un valore aggiunto di 119 milardi di euro e che dà lavoro a 3,6 milioni di persone.
Un settore ricco nel quale si dichiarano tutti poveri.
Ma perchè succede e di chi è la colpa? Tutti l’addossano alla Grande Distribuzione Organizzata ma la GDO accusa l’industria alimentare.
The European House Ambrosetti ha presentato un rapporto per sfatare miti e false notizie. La fondazione ha analizzato 90mila bilanci di piccole e medie imprese ricostruendo gli utili di filiera.
Per ogni 100 euro che il consumatore spende per il cibo, il 32,8% va alla logistica, packaging e utenze, il 31,6% ai lavoratori, il 19,9% allo Stato, l’8,3% ai fornitori di macchinari ed immobili, l’1,2% alle banche e l’1,1% alle importazioni nette.
Il 5,1% residuo che rappresenta l’utile che resta agli azionisti della filiera viene ancora diviso tra l’industria della trasformazione per il 2,2%, all’intermediazione per l’1%, al produttore agricolo per lo 0,9%, alla distribuzione per lo 0,6% ed alla ristorazione per lo 0,4%.
Il mercato dei trasformatori, poi, è dominato da appena 57 grandi aziende, in gran parte multinazionali.
“Un quadro squilibrato che dura da anni – commenta Valerio De Molli, ceo di Ambrosetti – che penalizza fortemente sia la distribuzione che i produttori agricoli“.