Abbiamo parlato spesso di etichette, spiegandone l’assoluta importanza della loro chiarezza, da parte del produttore, e della doverosa attenzione da porre nel leggerle, da parte del consumatore. Ultimamente la nostra attenzione è stata rivolta alla querelle intorno all’etichetta nutrizionale, ma non esiste solo questa: vi sono anche le etichette ambientali e ve n’è un florilegio.
Si stima che nel mondo esistano circa 120 sistemi relativi all’etichetta ambientale, ognuno di essi diverso nei parametri utilizzati.
Nell’Europa del mercato unico alcuni esempi: in Francia ci sono l’Eco-Score (già usato in Germania e in Belgio) e il Planet-Score, nel Regno Unito alcune catene della GDO si preparano a testare un loro sistema e la Danimarca ha recentemente comunicato di voler creare un’etichetta ambientale nazionale.
Per questo motivo Foundation Earth, che lavora in partnership con alcune grandi aziende come Nestlé, Unilever, PepsiCo e Danone, distributori come Aldi e Lidl e catene della ristorazione come Starbucks, nell’estate del 2021 aveva annunciato l’intenzione di elaborare un sistema di etichettatura in partnership con alcuni colossi alimentari, ha lanciato un appello ai promotori per lavorare e sviluppare un approccio armonizzato, invitandoli a partecipare a un summit presieduto da EIT Food, l’iniziativa dell’Unione Europea per l’innovazione nell’ambito alimentare con cui collabora.
Secondo Foundation Earth, il rischio è che la proliferazione incontrollata di schemi diversi di etichettatura ambientale, ciascuno con il suo design e il suo metodo di calcolo, possa “confondere i consumatori, aggiungere costi per produttori e distributori”.
Per gli alimenti lo schema di etichettatura ambientale ideale, secondo Foundation Earth, dovrebbe essere promosso da un’organizzazione indipendente sulla base dell’Impronta ambientale del prodotto (Pef) dell’Unione europea. Inoltre, dovrebbe basarsi sull’analisi del ciclo di vita (Lca), usare il maggior numero possibile di dati primari e consentire di confrontare i prodotti.
Foundation Earth sta conducendo due test pilota che utilizzano approcci differenti. Il primo definito ‘dal campo allo scaffale‘ è basato sull’analisi del ciclo di vita, utilizzando un metodo sviluppato da Mondra e derivato da uno studio di due ricercatori dell’Università di Oxford, che considera produzione, lavorazione, confezionamento e trasporto di un alimento.
Il secondo test, invece, denominato ‘dal campo alla tavola’ utilizza l’Impronta ambientale del prodotto e 16 indicatori, che comprendono cambiamento climatico, effetti sullo strato di ozono dell’atmosfera, effetti cancerogeni e non cancerogeni, uso del suolo, delle acque e delle risorse.
L’obiettivo è portare l’etichetta sul mercato britannico ed europeo entro la fine del 2022.
La redazione
Fonte: ilfattoalimentare.it