ISMEA: Scheda di settore olio di oliva

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L’Ismea, Istituto di Servizi per il mercato agricolo alimentare, ha pubblicato la Scheda di settore ‘Olio di Oliva’. I dati emersi non sono per nulla entusiasmanti.

Flussi di filiera – per le ultime quattro campagne, è stato prodotto il 35% d’olio di pressione cui è stato aggiunto il 64% d’olio importato. Di questa massa complessiva è andata al consumo il 58% ed all’export il 41%. Ovvero esportiamo più di quanto produciamo.

Struttura produttiva – solo il 37% delle 825mila aziende olivicole sono in grado di sostenere il mercato, nonostante un patrimonio di più di 350 diverse cultivar. Ancora, del 37% delle aziende sopra citate, l’11% ha un potenziale competitivo alto mentre il restante 26% rappresenta aziende potenzialmente competitive.

Produzione italiana dell’olio d’oliva – rendimento formalmente costante con media di circa 520mila tonnellate negli anni 2009-2012; dal 2013 al 2018 si è avuta una produzione alternante da un massimo di 475mila tonnellate del 2015 al minimo di 175mila tonnellate stimate del 2018.

Variabili del settore – da questi dati, si delineano le variabili del settore ovvero una produzione tendenzialmente in calo e molto variabile, l’insufficienza produttiva italiana rispetto al consumo e, quindi, l’importazione superiore all’esportazione con saldo strutturalmente negativo.

Import-export italiano di olio extravergine d’oliva – Nel 2017 sono state importate 398.797 tonnellate e nel 2018 415.876, +4,3%; nel 2017 sono state esportate 226.684 tonnellate mentre nel 2018 234.53q ovvero il 3,5% in più.

Principali fornitori di olio d’oliva e di sansa – tra il 2017 ed il 2018 il Marocco con una variazione pari a +241%, la Grecia + 67,6%, la Tunisia + 65,6%, la Turchia con +57,9%.

Principali clienti di olio d’oliva e di sansa – tra il 2017 ed il 2018 l’Australia +26,1%, il Canada +20,8%, il Brasile +18,6%. Si devono notare però, nello stesso intervallo di tempo, la Cina con -24,2%, il Belgio -11,7% e gli USA con -6,3%.

Distribuzione regionale della produzione – con la media delle ultime 4 campagne si ha la Puglia con il 52,5%, la Calabria con il 13,4%, la Sicilia con il 10,8%. Le altre regioni hanno percentuali ad una sola cifra.

Risultato regionale 2018 rispetto al 2017 – tenendo in conto che la media nazionale è pari a -59,2%, si ha il Veneto con +221,1%, il Piemonte con +168,9%, la Lombardia con +153,3%. In negativo la Basilicata con -81,7%, la Calabria -76,6%, la Sicilia -66,2%, la Puglia -64,8%.

Localizzazione dei frantoi – in Puglia 902, in Calabria 692, in Sicilia 569, in Toscana 395, in Campania 356. A seguire le altre regioni. Questo è l’indice dell’estrema frammentarietà della produzione italiana. Inoltre, dell’intera produzione nazionale, solo circa il 20% è costituita da frantoi cooperativi.

Costi di produzione – nelle aziende agricole essi sono rappresentati per il 55% del totale dai costi di manodopera mentre nei frantoi la maggiore spesa, il 66%, è rappresentata dall’acquisto di materie prime. Quest’analisi porta ad affermare che i costi di produzione dell’olio extravergine d’oliva variano da 3,4 a 8,5 €/kg, secondo le diverse aree.

Olii DOP e IGP – degli olii di qualità riconosciuti dall’UE, il 40% è rappresentato da marchi italiani ma la loro produzione si attesta tra il 2 ed il 3% della quantità totale e la produzione è concentrata sulle prime 5 certificazioni che assorbono il 75% dell’intera produzione nazionale. Terra di Bari poco meno di 4mila tonnellate, Toscano IGP pocio più di 2mila tonnellate, Val di Mazara poco più di mille tonnellate, Umbria poco meno di cinquecento tonnellate.

Superfici biologiche ad olivo – rappresentano il 12% della superficie italiana, il 21% dell’intera superficie olivicola italiana. Il 32% in Puglia, il 31% in Calabria, il 14% in Sicilia ed il 7% in Toscana.