Molise, un territorio che vive con gli olivi e per gli olivi

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Voglio raccontare, a chi vuole scoprire il Molise, le vie degli ulivi e degli oli del Molise, quali basi di un percorso dell’enogastronomia molisana, che porta alla scoperta di 5 dop e 1 igp; 4 doc e 2 igt, e, cosa davvero interessante, ben 159 prodotti tradizionali, cioè prodotti riconosciuti tali almeno da 25 anni.

Una realtà che, viste le dimensioni del Molise, onora quella complessiva del Paese Italia con le sue 311 indicazioni geografiche Dop, Igp e Stg, che, con l’aggiunta dei 525 vini Docg, Doc (Dop) e Igp (Igt), sommano 825 riconoscimenti (aggiornamento 01.02.2021), a dimostrare un Paese ricco di territori che, quali luoghi di origine della qualità e, anche, della bellezza dei suoi paesaggi, si fanno rappresentare da accattivanti testimoni quali sono i nostri prodotti prima citati.
Complessivamente quasi 6.000 eccellenze se si aggiungono i 5.266 prodotti tradizionali ad oggi riconosciuti, con il Molise che, come citato all’inizio, con 159 (ultimo aggiornamento, nei vent’anni trascorsi dal primo elenco, è del 2005), occupa la tredicesima posizione, subito dopo il Friuli Venezia Giulia (178) e prima delle Marche (154). A primeggiare è la Campania (552 prodotti) davanti alla Toscana (461) e al Lazio(436).

Stiamo parlando dei prodotti più accreditati e più rappresentativi della Dieta Mediterranea, patrimonio culturale dell’umanità, che si conferma al primo posto tra i sessanta e più stili di vita e alimentari noti nel mondo.

Un patrimonio importante, quello del piccolo Molise, che, se aggiornato, ha molti altri testimoni da raccontare, grazie alla ricchezza della biodiversità sparsa sui 4,4 mila chilometri quadrati della sua superficie, e, grazie anche, alle mani sapienti delle donne e degli uomini che questo territorio hanno animato nel corso di millenni.

C’è da pensare alla trasformazione dell’attuale olio evo “Molise” Dop – la sola delle sei indicazioni geografiche, che riguardano anche il territorio molisano, ad oggi riconosciute, tutta molisana – in una Igp “Molise” e due Dop, “Aurina di Venafro” e “Gentile di Larino”, che, con le 19 varietà autoctone sparse su tutto il territorio non montano, arricchirebbe l’immagine di un Molise ricco di olivi.

La Regione che, grazie ai suoi olivi e ai suoi oli, ha dato i natali all’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio; si è inventata, già nel 1996, il “Parco dell’olivo di Venafro”, realizzato nel 2008 come “Parco storico regionale dell’olivo di Venafro”, unico in Italia e nel mondo ad oggi riconosciuto, e, ultimamente, ha lanciato con l’olio evo “ASPEm” della cooperativa Kairos, il primo progetto rivolto al recupero – con la cura degli olivi di Guardialfiera – delle donne che sono state oggetto di violenza.

Un percorso che passa dagli olivi secolari di “Aurina” e “Rossuola”, “Olivastro d’Aprile” e “Olivastro dritto” del Parco di Venafro e si dirama in tante vie segnate da oliveti e olivi ultrasecolari che si affiancano al Matese de la “Paesana bianca” e “Paesana nera”, e salgono verso le Mainarde o, come l’ “Olivetta nera”.

Dalla Valle del Verrino si scende lungo il Trigno con la “Gentile di Mafalda”, la “Cerasa” e l’”Olivastro” fino al mare di Montenero di Bisaccia.

Altre vie che seguono i tratturi, entrano, con l’oliveto più alto posto sopra Macchiagodena (sopra gli 800 ms.l.m.), per raggiungere, in compagnia dello “Sperone di gallo”, il cuore del Sannio fino al Fortore, e, poi giù, fino a la “Oliva nera di Colletorto” la “Rumignana”, e la “Cazzarella”, per incontrare, subito dopo, la “Rosciola” e la “Cellina” di Rotello.

Tutto questo prima di entrare in quell’area vasta che è la valle del Biferno, con la “Gentile di Larino” che, da Montelongo a Petacciato e da Campomarino a Lupara, domina, con il suo paesaggio, le dolci colline con le Piane di Larino che portano al mare e fanno vedere le Tremiti e il Gargano.

Il Basso Molise, il territorio eletto de la “Gentile di Larino”, oltre 800mila piante delle quasi due milioni e mezzo (1% degli olivi italiani) sparse sul territorio regionale. Con la “Gentile” le altre due varietà proprie della città frentana, la “Salegna” e la “San Pardo”, a raccontare una storia di millenni di anni tramandata dal mare.

Poco lontano c’è Portocannone, il paese di origine albanese, circondato da oliveti secolari e patriarchi millenari, a pochi chilometri dalla patria della “Pampanella”, San Martino in Pensilis.

Tante vie che portano a 136 piazze dominate da una Chiesa, un Castello o un Palazzo antico, anche là dove gli olivi non ci sono, ma ben conosciuti da chi l’olio lo andava a prendere nel frantoio più vicino. Tante vie che affiancano o si confondono con i tratturi, tutte segnate da olivi, in particolare quelli secolari per rendere possibile l’abbraccio di Venafro con Portocannone e, così, dar vita a un olio particolare, quello del tempo, ovvero di un valore maltrattato dal cosiddetto “progresso”, che serve, oggi più che mai, per ricucire il passato con il presente, e, solo così, poter sognare il futuro.