Ora l’olivicoltura spagnola punta il dito contro l’industria e il governo

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Il mondo dell’olio d’oliva iberico è sull’orlo del collasso e di una crisi isterica, con il prezzo dell’extra vergine standard che, secondo il portale PoolRed è sceso a 2,29 euro/kg la scorsa settimana e il vergine che è arrivato a 2,01 euro/kg.

Ormai non si scommette più se il valore dell’extra vergine scenderà sotto i 2 euro/kg ma quando lo farà e, secondo molti analisti, accadrà se le prospettive di fioritura faranno presagire una campagna olearia media.

Alla luce di questa situazione la comunità andalusa, che conta più di 200.000 olivicoltori professionisti e 1,5 milioni di ettari olivetati, con più di 18 milioni di giornate lavoro, è al limite del tracollo.

“Non ha senso che i governi permettano a sei grandi gruppi industriali oleari di intasciare una vera fortuna: 200.000 famiglie andaluse vendono i loro prodotti al di sotto dei costi di produzione. È questo che fa scappare la gente in città, abbandonando le campagne”, denuncia Juan Luis Ávila, responsabile olivicolo della rappresentanza agricola Coag.

Le associazioni agricole puntano anche il dito contro il governo che non sta attuando misure concrete per attutire le conseguenze di questa grave situazione che sta mettendo in ginocchio l’agricoltura andalusa.

“C’è un fermo impegno da parte del governo andaluso ma non si è ancora concretizzato, devono iniziare ad attuare le misure annunciate, e da parte del governo centrale vediamo una risposta tiepida, è il Ministero dell’Agricoltura che ha la competenza per risolvere la situazione e questo settore non può più aspettare”, ha detto il portavoce del Coag.

Di fronte a questa situazione, le associazioni agricole Asaja, Coag e Upa hanno unito le forze per lavorare insieme con l’obiettivo di raggiungere una soluzione definitiva all’instabilità dei prezzi dell’olio d’oliva con misure, soprattutto di autoregolamentazione per evitare gli sbalzi dei listini che danneggiano gli agricoltori.

Nel frattempo, però, anche l’industria olearia iberica è in difficoltà o almeno il gruppo Deoleo che, per notorietà dei marchi di cui è proprietario, è il più rappresentativo. Deoleo ha chiuso il primo trimestre del 2019 con una perdita di 7,5 milioni di euro, superiore di 1,4 milioni di euro allo stesso periodo dello scorso anno.

La quota di mercato dei marchi Deoleo nel primo trimestre del’anno è migliorata in Spagna e Nord America, anche se non ha recuperato in Italia. Il consumo di olio d’oliva nel canale retail, secondo i dati Nielsen e IRI, mostra un trend di ripresa nel primo trimestre dell’anno. Allo stesso modo, le sue attività negli Stati Uniti e in Italia “continuano a mostrare un andamento negativo in termini di volumi, qualità del prodotto e perdita di redditività nella categoria”.

Per questa ragione il Consiglio di Amministrazione ha deciso di proporre agli azionisti una riduzione del capitale sociale attraverso la riduzione del valore nominale di ciascuna delle azioni che compongono il capitale sociale. Secondo l’accordo adottato, la riduzione proposta sarà di 137,7 milioni di euro, che lascerebbe il valore nominale per azione risultante a 0,2 centesimi di euro, importo che gli amministratori della società ritengono più appropriato in base alla situazione attuale del gruppo.

Secondo alcuni analisti la riduzione del capitale sociale potrebbe essere il preludio a un disinvestimento di Cvc Partners, ancor oggi principale azionista di Deoleo, dalla società e dal comparto oleario.