La cecidomia delle foglie dell’olivo, nome scientifico Dasineura oleae (Angelini), è un piccolo dittero che attacca le giovani foglie, ma alle volte anche le mignole fiorali, e con livelli alti d’infestazione può causare danno alle piante.
Un insetto fitofago che è considerato secondario o di minore importanza, ma che può divenire rilevante, in caso di esplosioni come avvenuto a partire dal 2013 in alcune aree olivicole della Toscana.
E’ proprio studiando l’andamento delle popolazioni e delle infestazioni di questo insetto che i ricercatori della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa hanno segnalato per la prima volta in Italia tre nuovi antagonisti indigeni della cecidomia, scoperta pubblicata a giugno scorso sula rivista Bulletin of Insectology.
Ruggero Petacchi, quali sono questi nuovi, almeno per l’Italia, antagonisti della cecidomia?
“I principali nemici naturali della cecidomia fogliare dell’olivo sono insetti parassitoidi di pochi millimetri di lunghezza che appartengono all’ordine degli Imenotteri. Nel bacino del Mediterraneo ne sono note 17 specie. L’Istituto Scienze della vita della Scuola Sant’Anna, con il suo laboratorio entomologico ha rinvenuto e segnalato, per la prima volta in Toscana, quattro specie di parassitoidi: si tratta di due Calcidoidei: Mesopolobus aspilus e Mesopolobus mediterraneus, e due Platigastridi: Platygaster demades e Platygaster oleae“.
In che modo attaccano la cecidomia?
“Le femmine di questi insetti utili ricercano attivamente, nell’oliveto, le foglie con le galle e con all’interno la larva della cecidomia che rappresenta una delle sue prede preferite. Una volta che l’hanno trovata mettono il loro uovo all’interno della larva di cecidomia, che rappresenta il suo substrato alimentare”.
Come li avete scoperti?
“Gli antagonisti della cecidomia sono stati rinvenuti grazie all’attività di campo e di laboratorio”.
Come si possono riconoscere?
“Gli adulti delle specie di imenotteri parassitoidi sono riconoscibili dalla forma, dimensione e colore anche se per una identificazione scientificamente provata a livello di specie occorre basarsi su alcune caratteristiche morfologiche note agli specialisti del gruppo sistematico”.
Quale può essere il loro contributo nel contenimento della cecidomia?
“Il loro contributo può essere considerato decisivo come dimostrato da alcuni casi in cui il raggiungimento di livelli di parassitizzazione superiore al 15% ha portato ad una riduzione drastica dell’infestazione”.
Attualmente si può pensare di allevarli per l’uso in lotta biologica?
“No, sia per motivi tecnici che economici, ad oggi non siamo in grado di prevedere un allevamento di questi insetti antagonisti della cecidomia. Siamo invece in grado di fornire consigli, come detto in precedenza, su come migliorare la lotta biologica conservativa nell’oliveto”.
Quando avete fatto questa scoperta non stavate cercando degli antagonisti, ma stavate studiando l’andamento della popolazione della cecidomia. Come è oggi la situazione in Italia? Ci si può aspettare delle nuove esplosioni di popolazione, magari in seguito ai cambiamenti climatici?
“Quando abbiamo iniziato a studiare la cecidomia delle foglie dell’olivo, una delle nostre ipotesi sperimentali era che la sua esplosione fosse conseguenza dell’assenza o carenza di antagonisti. Ipotesi dimostratasi poi fondata.
In Italia, attualmente, oltre alla Toscana altre regioni, come ad esempio l’Emilia Romagna, hanno segnalato esplosioni di infestazioni di cecidomia. Queste infestazioni troppo spesso vengono attribuite, genericamente, ai cambiamenti climatici che sicuramente hanno un ruolo importante nell’ambito dello sviluppo degli insetti. Io ritengo però che rappresentino solo una concausa e che occorre investire sempre più nello studio dei molteplici fattori che fanno sì che alcuni insetti fitofagi, improvvisamente, iniziano a incrementare le popolazioni e a provocare danno alle colture”.