Come si temeva, man mano che procedono le analisi delle piante circostanti il focolaio di Xylella fastidiosa a Locorotondo (Ba) si hanno nuovi ritrovamenti di olivi infetti
Sul sito istituzionale “Emergenza Xylella” è stato pubblicato un nuovo aggiornamento del monitoraggio (Selge n. 142 del 2020) con 2 nuovi ulivi positivi che fanno salire a 27 il numero delle piante infette. Il rinvenimento è avvenuto a seguito del campionamento, ancora in corso, delle piante ricadenti nel raggio di 100 metri delle 25 piante positive, 23 delle quali già abbattute, ritrovate nelle scorse settimane. I nuovi ritrovamenti, ampliando ulteriormente il focolaio, questa volta in direzione est-ovest, richiederanno ulteriori campionamenti prima della sua definitiva delimitazione.
Ma qual’è la situazione attuale?
Ad oggi sono circa 11.700 gli ulivi infetti estirpati negli ultimi cinque anni. Nell’ultima audizione in Commissione Agricoltura, Gianluca Cardone, direttore del Dipartimento Agricoltura, e Gennaro Ranieri, commissario ARIF, hanno ammesso, sic!, che i risultati “non sono stati all’altezza delle aspettative“. Naturalmente hanno spiegato che molta colpa è da attribuirsi ai privati. Ma il presidente della Commissione ha contestato immediatamente come i controlli sul territorio, atti proprio a verificare eventuali inadempienze, siano stati eseguiti fuori tempo massimo.
Dalla Piana dei monumentali, che ricade nei Comuni di Carovigno, Ostuni e Fasano, e dalla parte occidentale della provincia di Brindisi, giungono le voci degli olivicoltori che si sentono inermi di fronte al batterio e completamente abbandonati dalle istituzioni. E temono per il futuro loro e delle loro meravigliose piante.
Il vicepresidente regionale Cia, Giannicola D’Amico: “Il batterio non attende i tempi della politica, della buracrazia e della giustizia“.
Infine, a giustamente aggravare il contesto, l’intervista di Oronzo Martucci del Nuovo Quotidiano di Puglia, al professor Franco Nigro, ordinario di Patologia vegetale presso l’Università di Bari e che riportiamo in sintesi.
“Il Piano di contrasto al batterio prevedeva la continuazione del monitoraggio nella ex zona di contenimento, la continuazione degli abbattimenti sulla base del solo test Elisa e, nelle aziende dove erano state rinvenute piante infette, l’abbattimento senza bisogno di alcuna ordinanza“, afferma Nigro ma, continua “il personale dell’Ispettorato, rimanendo inalterato ed insufficiente, ha eseguito controlli limitati. La conseguenza è stata che tutta la fascia olivicola di 20 km, da Villanova di Ostuni ad Apani di Brindisi, e quella dal Mar Piccolo a Maruggio, nel tarantino, sono state abbandonate“.
Insiste il professor Nigro: “Tutti gli ulivi del nord Salento sono spacciati e tra breve tutto sarà evidente nella sua brutalità“. E ancora: “La Regione ha rispettato le regole europee sulla carta, al fine di evitare le procedure d’infrazione. E’ mancata una linea decisionale e politica univoca sin dall’inizio” ma, afferma “non si possono attribuire le colpe solo alla Regione poichè anche i Tribunali, le Procure e vari gruppi di persone hanno responsabilità molto pesanti“.
Peraltro: “Gli incentivi sono limitati a chi ha subito una riduzione di almeno il 65% della produzione realizzata nel biennio 202-2013. In questo modo si tengono fuori tutti gli olivicoltori dell’Alto Salento, contrapponendo il nord ed il sud Salento“.
Ma anche il barese è a rischio, grave se consideriamo che il 25-30% della produzione nazionale lì ha i natali: “Il rischio di propagazione esiste e gli strumenti sono quelli noti: monitoraggio del batterio, monitoraggio del vettore per eseguire interventi agronomici o chimici mirati, abbattimento delle piante infette, maggiore diffusione delle varietà resistenti“. Il professore indica anche come la moderna tecnologia e conoscenza – approcci geostatistici, droni, controllo aereo – può molto aiutare e, infine, non commentando le iniziative della magistratura salentina, evidenzia come i risultati siano “sotto gli occhi di tutti“.
Fonte: www.quotidianodipuglia.it