Zelus renardii, il suo impiego preoccupa gli scienziati

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La Xylella fastidiosa, patogeno mortalmente dannoso per gli ulivi in tutta Europa, ha provocato ai produttori italiani danni economici incalcolabili. Per far fronte a quella che si è manifestata fin dalle prime battute come una vera e propria emergenza, sono scesi in campo una moltitudine di ricercatori. Il batterio, che vive e si riproduce all’interno dell’apparato conduttore della linfa grezza, viene trasportato da diversi insetti vettore.

Nel nostro Paese quelli più attivi sono tre, e più precisamente il Philaenus spumarius, il Philaenus italosignus e il Neophilaenus campestris.

Il primo di questi, il P. spumarius, è noto anche con il nome di “sputacchina” e, secondo gli addetti ai lavori, è indiscutibilmente il più efficiente nella acquisizione e trasmissione del batterio. Per contrastare la sua diffusione la ricerca aveva suggerito di servirsi di un suo nemico naturale, il Zelus renardii, un insetto che, a seguito della sua estrema aggressività, si è guadagnato il nomignolo di cimice assassina.

Problema risolto dunque, e senza che si dovesse far uso di pericolose sostanze chimiche.
Ebbene, stando a quanto evidenzia ora uno studio condotto dall’entomologo Francesco Porcelli dell’Università di Bari “Aldo Moro”, i cui risultati sono stati pubblicati sulle pagine di PLoS ONE, la soluzione potrebbe dare il via ad altri problemi.
La “cimice assassina”, infatti, starebbe prendendo di mira anche altri insetti utili all’agricoltura, sollevando dubbi sulla sostenibilità ambientale di questa soluzione.

Lo studio, ultimo atto di una serie di ricerche che ruotano attorno allo Zelus renardii, conferma sì la capacità di questo piccolo insetto di ridurre le popolazioni del vettore di Xylella, tanto da abbassare l’incidenza del patogeno al di sotto del 10 per cento, ma evidenzia come lo stesso non si ponga problemi ad attaccare anche prede preziose per l’agricoltura.

Per aiuatrci a comprendere quale potrebbe essere l’impatto ambientale di una strategia di lotta a Xylella basata su Zelus renardii, ecco il parere di due esperti in materia: Gianfranco Anfora, docente di entomologia generale e applicata all’Università di Trento ed esperto di lotta biologica e George Heimpel, docente di comportamento degli insetti e controllo biologico all’Università del Minnesota (Usa).

La strategia illustrata in questo studio – spiega Anfora sulle pagine di LeScienze.it – lascia aperte delle questioni che non è possibile tralasciare e che in parte anche gli autori riconoscono. In particolare, mi lascia molto perplesso la scelta di Zelus renardii come antagonista nel controllo della sputacchina, per diverse ragioni. La prima è che ci si trova di fronte a un insetto ‘alieno’ (tecnicamente si parla di ‘alloctono’), cioè estraneo all’ambiente in cui lo si vuole introdurre, anche se già presente in alcuni nostri territori. Si tratta di una specie il cui impatto ecologico nelle zone di recente insediamento non è stato adeguatamente indagato. Le segnalazioni in Italia, peraltro, riguardano soprattutto l’ambiente urbano e non quello agricolo, quindi prevedere quale possa essere l’impatto di un rilascio massivo di esemplari in un oliveto – aggiunge l’entomologo – è piuttosto difficile”.

Quando si ricorre a una strategia di questo tipo, – continua l’esperto – per minimizzare i rischi, si sceglie con estrema attenzione l’antagonista. L’ideale è una specie con spiccate preferenze verso un singolo organismo. È il caso della vespa samurai (Trissolcus japonicus), il cui uso nella lotta biologica alla cimice asiatica (Halyomorpha halys) sta per essere definitivamente autorizzato a conclusione di un lunghissimo iter. Ma nel caso di Zelus renardii ci troviamo di fronte a una specie che attacca tutto ciò che ha a tiro, indiscriminatamente. Mi sembra una scelta potenzialmente pericolosa e che necessita di un accurato studio di rischio per poter essere messa in atto”.

Altro aspetto non convincente per Anfora:  “Uno dei nodi critici è, per esempio, il fatto che studi di questo tipo non ci dicono che cosa accade quando Zelus renardii si trova, in campo, nella condizione di poter scegliere tra più potenziali prede, tra cui anche gli insetti benefici che si trovano negli oliveti, per esempio quelli che controllano altre specie dannose”.

E come Anfora si è detto scettico anche Heimpel. “Zelus renardii è noto come predatore generalista in California ed è abbastanza famoso nella letteratura entomologica come specie che può interrompere le interazioni di controllo biologico nutrendosi di altri insetti predatori. Ciò non significa che non attaccherebbe anche i vettori di Xylella, ma non è del tutto chiaro quali potrebbero essere gli effetti negativi se ne venisse aumentata la presenza negli oliveti italiani. In sintesi, direi che se questo predatore è già presente negli oliveti pugliesi, il suo rilascio nell’ambiente probabilmente non cambierà molto le cose, nel bene e nel male. Se non è ancora presente, la sua introduzione potrebbe avere effetti positivi sul controllo dei parassiti, ma non si può escludere che possa anche attaccare alcuni predatori o altri insetti benefici”.

Infine un problema che riguarda la sicurezza delle persone.

La cimice assassina, come anticipato, è particolarmente aggressiva. Questa sua caratteristica è stata confermata anche nei riguardi degli esseri umani. L’insetto, quando si sente minacciato, non esita ad attaccare anche l’uomo: la sua puntura è molto fastidiosa, crea spesso irritazioni e, in ogni caso, risulta esser molto dolorosa.

Fonte: www.ambiente.tiscali.it