Aumentare la fissazione di CO2 nell’oliveto tramite buone pratiche agricole

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Le pratiche agricole possono svolgere un ruolo importante nell’emissione e nella fissazione della CO2 atmosferica.
Ricercatori dell’Università della Basilicata hanno studiato i flussi di carbonio nella biomassa di un oliveto, evidenziando come una corretta gestione delle chiome, unita ad altre tecniche agricole, potrebbe aumentare l’assorbimento della CO2 atmosferica e il suo stoccaggio.
Le prove sono state condotte nell’Italia meridionale su olivi (Olea europaea L.) a diverse età e densità di piante. Alla fine di ogni stagione vegetativa, sono stati calcolati i valori di CO2 atmosferica fissata misurando l’accumulo di sostanza secca e la ripartizione nei diversi organi della pianta.

Nei primi anni, la CO2 sequestrata era principalmente nelle strutture permanenti e nell’apparato radicale, mentre negli oliveti maturi la CO2 fissa era distribuita nelle foglie, nei materiali di potatura e nei frutti. Il materiale di potatura lasciato decomporre naturalmente rappresentano un mezzo efficace per immobilizzare la CO2 a lungo termine. Infatti, 1 anno dopo l’aggiunta di residui vegetali al suolo, la maggior parte del carbonio al suolo ritorna nell’atmosfera come CO2, ma da un quinto a un terzo rimane nel terreno
come biomassa viva o come humus del suolo. Una gestione conservativa del suolo (sovescio, colture di copertura) può aumentare la fissazione di CO2.
Integrare un approccio corretto alla gestione dei residui colturali, alla lavorazione del terreno, il ripristino del suolo e altre pratiche agricole sostenibili consentirebbe al suolo di mantenere livelli ridotti di mineralizzazione e di erosione del suolo. I materiali di potatura e le foglie morte possono essere utilizzate per migliorare le proprietà fisiche, chimiche e biologiche del suolo, tra cui una maggiore capacità di trattenere l’acqua e la disponibilità di nutrienti per le piante. La minore perturbazione del suolo ottenuta con l’uso di tecniche conservative e mantenendo i residui colturali come pacciamatura, riduce anche la
respirazione microbica, riducendo così le perdite di perdite di carbonio del suolo nell’atmosfera sotto forma di CO2.
Il carbonio contenuto nell’humus derivato annualmente dai residui vegetali è il 31% del carbonio rilasciato annualmente dalla mineralizzazione della sostanza organica nell’oliveto in piena produzione.
Nelle regioni mediterranee la siccità è un fattore limitante per la produzione, pertanto, aumentare l’efficienza dell’uso dell’acqua attraverso la scelta di un adeguato sistema di allevamento, di una gestione della chioma e delle tecniche di irrigazione può rappresentare una valida strategia per migliorare la crescita delle piante e, indirettamente, la fissazione di CO2.
Durante i periodi di deficit idrico, caratterizzati da alti livelli di evapotraspirazione e da scarse precipitazioni, le piante di olivo riducono significativamente il loro tasso fotosintetico netto, alterando il bilancio del carbonio. Un’oculata irrigazione può quindi aumentare la fissazione di CO2 e la sostenibilità ambientale complessiva.
L’uso di pratiche agricole sostenibili, con un buon regime di irrigazione, possono aumentare la capacità di un sistema di oliveti di trasformare quantità significative di CO2 in biomassa e humus.

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Bibliografia
Adriano Sofo, Vitale Nuzzo, Assunta Maria Palese, Cristos Xiloyannis, Giuseppe Celano, Paul Zukowskyj, Bartolomeo Dichio, Net CO2 storage in mediterranean olive and peach orchards, Scientia Horticulturae 107 (2005) 17–24