COMUNICATO STAMPA | Metà dell’olivicoltura italiana in via di abbandono: la strategia per invertire la rotta

Ricerca del Centro Studi di ItaliaOlivicola: 500 mila ettari in via di abbandono su 1,1 milioni totali. Le organizzazioni dei produttori sono la soluzione al problem

La produzione media italiana di oli di oliva sta scendendo pericolosamente, di anno in anno, sotto la metà del fabbisogno nazionale. Una situazione che è anche frutto dello stato di abbandono di tanti oliveti, secondo ItaliaOlivicola.

Secondo i dati stimati dal Centro Studi di Italia Olivicola, ci sono oggi in Italia almeno 200.000 ettari di oliveti in stato di totale abbandono ed oltre 300.000 gestiti con pratiche di puro mantenimento e tali da assicurare produzioni molto basse, con accentuata variabilità da un anno all’altro e con una scarsa resilienza nei confronti dei fenomeni avversi come gli eventi climatici e le fitopatie. Tutto questo rispetto a una base produttiva che, secondo Ismea, è di 1,1 milioni di ettari (dati 2019).

“Non è pensabile, con l’inflazione galoppante e difficoltà per tante famiglie di arrivare alla fine del mese, che le risorse produttive del nostro Paese non vengano pienamente utilizzate. Ma è ciò che accade all’olivicoltura nazionale, oggetto del disinteresse della politica italiana e comunitaria per molti anni, convinta che la produzione del Vecchio Continente fosse largamente eccedentaria. Le ultime due campagne olearie, con produzione dimezzata rispetto alle aspettative, sono un brusco risveglio. I cambiamenti climatici obbligano a un cambio di rotta per il bene dei consumatori, del territorio e dell’economia nazionale” afferma Gennaro Sicolo, presidente di ItaliaOlivicola.

La ricognizione di ItaliaOlivicola, grazie alla diffusione capillare delle 56 organizzazioni di produttori aderenti su tutto il territorio nazionale, ha permesso di identificare con precisione lo stato di degrado dell’olivicoltura nazionale, raggruppandolo in quattro grandi categorie:

1. gli oliveti completamente abbandonati e ormai classificati come bosco, ai sensi del testo unico per le filiere forestali (art. 3, commi 3 e 4 del decreto legislativo 34/2018);

2. gli oliveti in stato di abbandono e in transizione verso il bosco;

3. gli oliveti in coltivazione, con metodi produttivi più o meno efficaci, completi e continuativi, ma non rientranti nei fascicoli aziendali della PAC;

4. gli oliveti in coltivazione, inseriti nei fascicoli aziendali della PAC, utilizzati dal conduttore per l’accesso ad una o più delle diverse forme di sostegno pubblico.

Invertire il trend non è solo possibile ma anche un dovere, coinvolgendo le organizzazioni dei produttori, in particolare le piccole e le medie. Oggi la dimensione media della proprietà olivicola è di due ettari, troppo piccola perché possa stare sul mercato senza un supporto, e troppo grande perché possa essere identificata come puro hobbismo.

“E arrivato il momento – ha affermato Gennaro Sicolo – di porre un freno a questa deriva. Per tale ragione, Italia Olivicola ha scritto agli assessori all’agricoltura delle Regioni e delle Province autonome italiane chiedendo di attivare dei tavoli di lavoro mirati, per trovare una soluzione strutturale, mettendo insieme i diversi strumenti di politica agraria previsti nell’ambito della PAC e negli interventi regionali e nazionali. Il fenomeno dell’abbandono olivicolo, ha concluso Sicolo, va affrontato con progetti su scala territoriale, utilizzando anche il sistema delle piccole e medie organizzazioni di produttori che in questo modo potrebbero trovare un’occasione propizia per il rilancio e il consolidamento del loro ruolo all’interno della filiera”.